Enea
e Cleo sono entrati nella mia vita da piccolissimi.
Cleo
aveva quattro mesi quando l’ho portata a casa e, i suoi primi mesi di vita li
ha trascorsi in allevamento.
Enea
è arrivato a casa che aveva solamente un mese e mezzo di vita. Me l’ha portato
un ragazzo a cui avevano dato lui e la sua sorellina, che la madre non voleva
più allattare, se ricordo bene.
Maccocca
è arrivata nella casa in campagna dove abbiamo abitato per un anno, che aveva
circa sei mesi. Si è materializzata dal nulla, tanto che abbiamo pensato che
fosse stata abbandonata. In realtà potrebbe essere frutto di una gravidanza di
qualche cagnetta che vive nella zona industriale di Alghero, una di quelle
seguite dalle volontarie, che ancora non sono riuscite a sterilizzare, perché magari
non si fa avvicinare!
Abitavamo
poco distanti…quindi è lecito pensarlo…
Ma
Maccocca, sin dal primo momento, sembrava che avesse vissuto sempre con noi.
Sembrava quasi che non avesse un passato.
La
sua unica paura è la macchina. Detesta viaggiare, infatti le evitiamo questa
tortura, se non in caso di estrema necessità.
Da
quando è entrato nella nostra vita Poldo, le domande sul suo passato sono state
tantissime e, tutte, senza una risposta.
Nel
primo periodo di convivenza nella nostra famiglia, Poldo ha dato segni di
terrore in presenza di persone di una certa età, in particolare di sesso
maschile.
Così
come si spaventava tantissimo quando qualcuno gesticolava vicino a lui. Ma
dovevano essere sempre uomini, altrimenti non dava segni di disagio.
A
questi segnali, ovviamente, abbiamo cercato di dare delle spiegazioni.
Lui
ha vissuto un anno e mezzo con degli ipotetici proprietari, prima di essere
abbandonato e legato alla rete del Rifugio.
Che
vita avrà vissuto con i precedenti proprietari?
Come
lo avranno trattato, soprattutto quando hanno capito che non era adatto per la
caccia?
Le
risposte che potremmo ipotizzare non sono certo buone, date le reazioni di
Poldo.
Grazie
al cielo, però, i cani hanno la capacità di recuperare tutto il loro entusiasmo
e la fiducia nell’uomo, tanto da “dimenticare” o per lo meno “accantonare” le
brutte esperienze.
Oggi
non si spaventa più così facilmente. Accoglie tutti con grande entusiasmo e
quando dorme, riposa serenamente, e sogna e russa beatamente, magari
spaparanzato a pancia all’aria, da non capire più, sotto quel cumulo di peli,
da che parte stia la testa o la coda!
Polly
si terrorizza anche solo se starnutisci accanto a lei o se fai un movimento
brusco. Ma ha vissuto tanto tempo in Rifugio e altrettanto da randagia, perciò
è lecito pensare che per la sua sopravvivenza abbia dovuto temere tutto ciò che
le stava intorno, prima di capire se fosse realmente un pericolo.
Guardandola
dormire tutto quel tempo, o stare distesa al sole nelle ore di punta, ci ha
fatto pensare che in qualche modo abbia capito di essere al sicuro, qui con
noi, e che ora può riposare senza temere o può riscaldarsi al sole senza che
nessuno osi infastidirla.
Lei
è l’opposto di Poldo. Lui è energia pura infilata in un corpo peloso a quattro
zampe. Lei è l’immagine della pacatezza, della docilità.
Ha
un carattere forte: non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, maschi,
femmine, cuccioli. Se lei non vuole essere disturbata si può star certi, che
non si fa avvicinare. Una ringhiata secca, ed è fatta! Nessuno la cerca.
Ma
non è mai violenta. La sua apparente aggressività è quasi una corazza per non
essere coinvolta in beghe che non le interessano.
Quando
lei ha voglia si avvicina e ti guarda con lo sguardo più dolce del mondo. Gira
tutta la testa, stile “L’esorcista” e fa sporgere quei suoi canini bianchissimi…e
lì ti chiedi…”ma è o non è un cane??”.
Come
avrà vissuto da randagia? Avrà avuto dei cuccioli prima di arrivare in Rifugio
ed essere sterilizzata? Avrà avuto compagni di avventure o avrà vissuto da sola
prima di incontrare gli angeli che l’hanno salvata?
Quante
domande senza risposte…
Proprio
in questi giorni, a poco più di una settimana dall’arrivo di Zac, ne affiorano
nelle nostre teste tante altre.
Zac
è stato trovato sul ciglio di una strada con una zampa penzoloni, a soli tre
mesi. Vomitava ossicini.
Cosa
si può pensare sentendo un racconto simile?
Che
orrore lasciare una creatura che ha appena visto la luce, sola, in balia dei
pericoli dell’abbandono.
Quante
ore, giorni, settimane ha vissuto da solo? Come si è fratturato il femore? L’hanno
investito? Lo hanno brutalmente buttato da una macchina?
Ma
soprattutto, chi gli ha fatto tutto questo?
Zac
è una creatura dolcissima. Ha la vitalità di un cucciolo di sei mesi ma la
pacatezza di un cane adulto. I suoi occhi esprimono tutte le sue paure, ma il
suo atteggiamento tradisce la sua voglia di coccole e di protezione.
Sin
dal primo momento in cui lo abbiamo conosciuto in Rifugio, ho notato che aveva
molta paura di Francesco.
La
cosa mi è sembrata alquanto strana, perché da quando conosco Francesco, è
sempre stato una calamita per cani e bambini!
Zac
lo guarda da lontano e distoglie lo sguardo se Francesco lo osserva.
Vorrebbe
avvicinarsi ma ha timore.
Se
per caso è seduto accanto a me, e Francesco lo accarezza, lui si irrigidisce,
ma non può fare a meno di leccargli le mani.
Lo
teme ma lo incuriosisce. Lo teme ma lo osserva da lontano.
Rientrando
a casa da Gonnosfanadiga, insieme a Zac, lui non è riuscito a mettersi a suo
agio. Ha viaggiato per due ore senza rilassarsi un attimo. Ogni tanto mi
guardava, ma solo se capiva che non lo stavo osservando. Se mi giravo distoglieva
lo sguardo.
Ora
sa che da me non deve temere niente. Mi cerca, mi regala tantissimi baci e
viene a cercare protezione e coccole.
Con
Francesco fa due passi avanti e uno indietro…
Chi
può avergli fatto tutto questo? Chi gli ha tolto la fiducia nell’uomo?
I
cuccioli hanno la giusta curiosità che li porta a conoscere il mondo e la
fiducia cieca dell’inesperienza, che non li blocca davanti agli ostacoli.
Provano
tutto, proprio come i bambini che mettono gli oggetti in bocca, perché è con la
bocca che iniziano a conoscere le cose del mondo.
A
Zac, quella fiducia e quella allegra spensieratezza nell’affrontare le cose del
mondo, è stata portata via a soli tre mesi di vita.
Ora,
dopo che gli angeli di Gonnosfanadiga hanno curato le ferite del suo corpo,
anche se porta ancora i segni di quel trauma, io e Francesco, ci impegneremo a
curare le altre ferite.
Lo
faremo ritornare cucciolo per poter nuovamente sperimentare e gioire delle
nuove scoperte.
Gli
faremo conoscere l’amore di una famiglia e il calore di una casa dove trovare
protezione, cibo , compagnia, serenità e giochi sfrenati con i suoi nuovi
compagni.
E
quella mano che ogni tanto riesce a leccare, col tempo non dovrà più fargli
paura.
Sarà
la mano da cui riceverà solo carezze e le cure per la sua dolcissima anima.
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